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Libereso Guglielmi. Il giardiniere di Calvino
Questa serie fotografica accampagna l'intervista che feci nell'agosto del 2015 al botanico e intellettuale Libereso Guglielmi, scomparso l'anno successivo all'età di 91 anni, per la rivista trimestrale italiana «UNICO Magazine»
Il 20 aprile scorso ha compiuto 90 anni e ai più è noto come «il giardiniere di Calvino», ma passando qualche ora a chiacchierare insieme a lui ci si accorge che questa definizione molto ‘giornalistica’ rischia di apparire davvero troppo limitante. Libereso Guglielmi è infatti un uomo che ha attraversato quasi per intero il Novecento, vivendo una vita piena di incontri e di esperienze all’insegna di scelte dettate da una curiosità incredibilmente vivace, a tratti fanciullesca, rimasta intatta nonostante l’avanzare dell’età e che lo ha portato in giro per il mondo. Abbiamo fissato il nostro incontro a Sanremo – dove da qualche anno vive stabilmente nella casa di famiglia – in una afosa mattina di agosto. Ad accogliermi è la moglie, un’elegante signora londinese conosciuta durante gli anni che Libereso ha passato in Inghilterra come capo giardiniere dell’orto botanico di Myddleton House.
Ci sediamo sotto un pergolato che affianca il piccolo ma ricco giardino che negli anni Libereso ha riempito all’inverosimile di specie vegetali: un’oasi di silenzio che domina dall’alto l’affollata riviera sanremese stracolma di turisti vocianti immersi in un traffico infernale. Sono tante le cose che vorrei chiedergli in queste poche ore a mia disposizione, perché molti sono gli aspetti affascinanti della sua esistenza. Botanico, disegnatore, saggista, conferenziere: non è facile individuare un argomento da cui far partire la nostra intervista. Scelgo allora di prendere le mosse dal nome, Libereso, scelto dal papà anarchico e studioso di esperanto. Un nome idealista il suo, carico di romanticismo tardo ottocentesco, che significa «libertà assoluta, libertà di pensiero e di azione»; e se è vero che il nome che ci viene dato alla nascita rispecchia molte volte il destino che ci attende, nel suo caso questa regola sembra trovare piena conferma. «Da mio padre ho imparato cosa significhi vivere liberi e senza condizionamenti», mi dice Libereso, che dal genitore ha mutuato anche l’amore nei confronti del mondo vegetale, mai più tramontato e che si sarebbe trasformato, negli anni a venire, in una professione capace di farne uno dei botanici più autorevoli non solo a livello nazionale. «Fin da bimbo ho avuto modo di gironzolare in lungo e in largo in tutti i meandri della mia terra, la Liguria, che posso ben dire di conoscere come le mie tasche». Una terra stretta tra le montagne e il mare, ricca di angoli nascosti e il più delle volte del tutto sconosciuti a quanti si limitano a frequentarne la costa in cerca di refrigerio durante le vacanze.
Continuiamo a parlare e mi dice che all’età di 15 anni gli si presenta un’occasione più unica che rara: gli viene assegnata una borsa di studio bandita da Mario Calvino, botanico e agronomo di fama nonché padre dello scrittore Italo (che Libereso frequenterà negli anni dell’adolescenza), che in quell’epoca dirige la stazione sperimentale di floricoltura di Sanremo. La frequentazione con Mario e sua moglie Eva Mameli, «naturalista, studiosa coltissima e rigorosa, forse ancor più del marito», come sottolinea il mio interlocutore, dura circa un decennio: sono gli anni della formazione, grazie ai quali il giovane Libereso ha modo di apprendere un’infinità di nozioni sul mondo vegetale. «Ho imparato molte delle cose che so grazie a una vicinanza strettissima, quotidiana, con il dottor Calvino, che aveva l’incredibile capacità di trasmetterti una passione profonda verso tutte le specie botaniche, sia autoctone sia importate da diverse parti del mondo, specialmente dal Sud America, dove il professore aveva vissuto qualche anno. Il suo era tuttavia un approccio più pragmatico che teorico: qualunque cosa gli domandassi, lui te la spiegava con l’esempio concreto, mostrandoti i segreti di un lavoro bellissimo ma anche fisicamente impegnativo, che non conosceva soste».
Intorno al 1950 Libereso è così pronto per cominciare la sua personale avventura di botanico con un bagaglio ricco di conoscenze e segreti del mestiere. Da quel momento comincia infatti a lavorare in veste di consulente in luoghi diversi: l’Italia del Sud (dove diventa direttore di un’azienda floricola), l’Inghilterra («anni meravigliosi trascorsi in un Paese che premia il merito e la creatività, dove gli individui che hanno buone idee hanno anche la possibilità di realizzarle»), la Lombardia (a Lesmo, su incarico del Credito Italiano, ridà lustro ai grandi spazi presenti all’interno del Parco di Villa Gernetto). Ma quelli sono anche anni contrassegnati da numerosi viaggi fuori dei confini europei, durante i quali Libereso ha l’occasione di approfondire la conoscenza di specie botaniche rare e di studiarne i cicli vitali. La ‘sua’ Liguria torna tuttavia a far sentire il suo richiamo. Gli anni passano ed è quindi naturale fare ritorno verso i luoghi d’origine, dove tutto è cominciato molti anni prima.
I due figli sono ormai grandi e non hanno seguito le orme paterne, e anche i nipoti crescono in fretta: Libereso può quindi dedicarsi con più tranquillità e molte ore a disposizione a ciò che ha sempre amato. Benché l’età avanzata e gli acciacchi fisici limitino l’agilità di un tempo, c’è sempre modo per curare il piccolo giardino di casa, stracolmo di veri e propri ‘gioielli’ botanici di cui questo signore dalla capigliatura e la barba bianchissime va giustamente orgoglioso. Gli chiedo se se la sente di fare due passi insieme all’interno del suo personale paradiso terrestre, dove, con uno sguardo vivace e ancora pieno di voglia di imparare, Libereso mi indica le specie più rare. Al centro campeggia un gigantesco avocado, circondato da piante e fiori provenienti da diverse aree del pianeta. Nel corso di una delle numerose pause dettate dal caldo, il mio interlocutore mi confessa «che la Liguria, se solo si volesse, potrebbe davvero diventare un grande giardino botanico a cielo aperto, dal momento che per un capriccio del caso e della geografia è caratterizzata da un microclima eccezionale, unico in Italia e forse in Europa, molto stabile e incredibilmente adatto a far crescere una eccezionale varietà di specie botaniche subtropicali».
L’intervista sta terminando. Prima di congedarmi da Libereso ho ancora l’occasione di visitare il suo studiolo personale. E scopro che oltre che un grande botanico, «il giardiniere di Calvino» è anche un buon disegnatore. Da qualche anno, infatti, Libereso si dedica a tratteggiare sulla carta non solo fiori e piante – riprodotti in numerosi libri e riviste specializzati –, ma anche personaggi di fantasia carichi di ironia e intelligenza. Lo saluto sulla porta di casa e penso di essere stato fortunato a incontrare un uomo come lui, che ha fatto della passione per il suo lavoro e della coerenza con gli ideali di una vita un tratto portante dell’esistenza. Non resisto, e gli domando al volo un’ultima cosa prima di andarmene: ho letto che da tempo si dedica a fare interventi nelle scuole per insegnare ai giovani il valore della vita vegetale e i segreti, troppo spesso ignorati, delle piante e dei fiori. Così come so anche che lui, da sempre vegetariano, di piante e fiori si nutre pure. «L’uomo può nutrirsi di piante, basta imparare a conoscerle e a distinguerle. Viviamo ormai con poca consapevolezza e tendiamo a perpetuare una sorta di ‘ignoranza’ che ci spinge a diffidare delle infinite potenzialità che la natura ci offre, che sono molte di più rispetto a ciò che crediamo di conoscere. Ai giovani mi piace insegnare a scoprire davvero ciò che li circonda, stuzzicando la curiosità di cui ognuno di loro è dotato, e credo che se si vuole fare davvero breccia sia necessario non limitarsi a indicare una tal pianta piuttosto che un’altra, rischiando di annoiarli e basta. È necessario trasmettere loro la passione che ci anima. Quella è la strada».
È davvero ora di salutarci. Ci stringiamo la mano e Libereso, sorridendo, mi regala uno dei suoi disegni che riproduce una serie di personaggi di fantasia. È un bel disegno che racchiude molto bene il senso profondo della nostra piacevole chiacchierata agostana.
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